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Pallagrello bianco

Pallagrello Bianco è il nome tradizionalmente attribuito a un vitigno autoctono della provincia di Caserta.
Nel dialetto locale, pallarello significa infatti "rotondetto", con riferimento agli acini del grappolo, che hanno forma piccola e tonda.
Originario della località "Monticello" nel comune di Piedimonte Matese (origine attestata da un'epigrafe ancora apposta in questa località, realizzata per volere di Ferdinando IV di Borbone il quale impediva categoricamente ai non autorizzati di attraversare i 27 moggi di vigna di pallagrello), se ne hanno numerose risultanze storiche, riconducibili secondo alcuni addirittura alla Pilleolata romana. Famosissimo sino a tutto l'Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi.
Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, assieme alla decadenza sociale e politica delle regioni meridionali (ed al contemporaneo sviluppo industriale dell'agricoltura e dell'enologia piemontese e toscana), ne decretarono una veloce scomparsa ed un sostanziale oblio nonostante le indubbie qualità ampelografiche. Rimaneva essenzialmente come uva da taglio nelle vigne dei contadini delle zone di produzione, sovente confuso con la Coda di Volpe o con cloni di Aglianico rinvenibili nell'area.
È dalla metà degli anni novanta che ne è iniziata la valorizzazione, anche a scopo commerciale, soprattutto grazie agli sforzi ed all'intuito di due avvocati casertani (A. Barletta e G. Mancini).


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